Storia e arte

Ultima modifica 30 aprile 2024

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A Galati Mamertino la presenza di molte opere di artisti isolani è una valida testimonianza di un indiscusso ambiente culturale. Le più significative possono essere ammirate nelle chiese dove hanno il loro sito.

L'iniziativa di fornire l'edilizia sacra di belle opere d'arte la si deve ai Principi che si susseguirono nel tempo e particolarmente alla munificenza dei Lanza. Il repertorio è abbondante e vario e non può essere oggetto di una stringata presentazione. Tra gli artisti di prestigio ricordiamo per la scultura marmoreadi ispirazione classica michelangiolesca di Antonello Gagini e la sua scuola, per quella lignea Fra Umile da Petralia, per i dipinti Pietro Novelli e il Tresca.

Importanti per la storia del culto jacopeo è la stato devozionale di S.Giacomo (protettore di Galati) di fattura spagnola. L'Amministrazione Comunale, in concomitanza con l'organizzazione del Premio Nazionale di Poesia "Nino Ferraù", intende promuovere una conoscenza più approfondita del paese e del territorio di pertinenza in vista dello sviluppo dell'agriturismo che potrà essere incrementato e confortato sia dalle estese pinete di cui si è fatto cenno, sia dai ristoratori molto bene attrezzati.


Galatesi illustri

  • Salvatore G. Vicario

Salvatore G. Vicario, (Galati Mamertino - Messina 18.12.1927 - Fonte Nuova - Roma 14.01.2019), medico e scrittore, specialista in Ostetricia e Ginecologia, dal 1963 al 1980 ha lavorato come Medico di base oltre che in qualità di Ginecologo. Dal 1963 è stato membro della Società Italiana di Storia della Medicina, presieduta dal prof. Adalberto Pazzini. Co-fondatore del poliambulatorio Linea Medica a Tor Lupara e Responsabile del poliambulatorio del Nomentana Hospital di Fonte Nuova, è stato professore di Psicoprofilassi ostetrico-ginecologica presso l'Istituto Superiore di Educazione Fisica statale di Roma (oggi IUSM) dal 1990 al 1995. In campo medico ha pubblicato numerosi articoli e saggi su riviste specializzate.

Giornalista pubblicista, collaboratore dell'Istituto dell’Enciclopedia Italiana di G. Treccani per il Dizionario Biografico degli Italiani, del Centro di studi filologici e linguistici siciliani, Dipartimento di Scienze filologiche e linguistiche, Facoltà di Lettere e Filosofia (Giovanni Ruffino) e del Centro Studi Filologici e Linguistici Siciliani, Opera del Vocabolario Siciliano, ha pubblicato trenta volumi tra saggi e raccolte, un romanzo e un libro di poesie.

La presenza di Vicario nel territorio nebroideo e nomentano è stata contrassegnata da un impegno sociale di costante volontariato; ha sviluppato molte iniziative rivolte alla conoscenza del valore artistico di Galati Mamertino e allo sviluppo di Mentana e di Tor Lupara. Ha suggerito l’inserimento del paese nativo, Galati Mamertino, a Virginio Sabel nel programma televisivo Questa nostra Italia, Sicilia (1968) e a Federico Zeri, suo amico per trentasei intensi anni, nel volume della Storia dell’arte italiana (vol. 8, 1981).

Ufficiale dell’Ordine Al merito della Repubblica Italiana dal 28 febbraio 1972, è stato Ispettore Onorario per le Antichità di Monterotondo e Mentana insieme a Federico Zeri dal 1972 al 1977. Durante i primi anni di permanenza nel comune in provincia di Roma, dove aveva stabilito la sua abitazione emigrato dalla Sicilia, ha fondato il Consiglio Parrocchiale di Tor Lupara e l'Associazione Pro-loco.

Dopo qualche anno ha iniziato a collaborare con il Centro sportivo Mezzaluna, ove ha assunto la direzione del periodico omonimo; contestualmente è entrato a far parte dell'Agape fraterna. Rotariano con il riconoscimento Amici di Paul Harris, è stato Presidente del Rotary International Club Monterotondo Mentana, poi nel Club Flaminia Romana, quindi Socio del Club Sant’Agata di Militello. Fondatore e Presidente del Panathlon International Sabina romana, ha ricoperto la carica di Segretario generale del VII distretto del Panathlon International. Nei vari club ha dato alle stampe diverse monografie sui territori di competenza ed è stato redattore della rivista THI dell'Associazione Nazionale per la tutela degli Handicappati e Invalidi (Anthai).

Membro dell'Associazione culturale Antonello da Messina in Roma, nel 1995 ha fondato e presieduto l'Associazione Nomentana di Storia e Archeologia Onlus fino al compimento dell’ottantesimo anno, curandone la rivista annuale Annali. Nel 2009 e nel 2010 ha pubblicato la rivista Il quaderno mamertino, quindi è stato, fino alla sua morte, Coordinatore Editoriale de I quaderni della Valle del Fitalia a cura della Fondazione Valle del Fitalia – Nino Russo.

All’età di 90 anni ha fondato la rivista annuale I Quaderni di Arcipelago dell’Area arte dell’Associazione culturale Arcipelago che si occupa di finanziare la Ricerca sul cancro.

Ha combattuto per anni in difesa dell’effettivo volere di Federico Zeri, che, pur nominando legataria I’Università di Bologna, voleva che le sue collezioni rimanessero a Mentana. L’ultimo suo libro, pubblicato postumo dalla siciliana Sikelia, Il Dottore racconta il Professore, narra il proficuo scambio culturale con il Prof. Zeri.

  • Gero Costanzo

Fu un cantante lirico internazionalmente conosciuto che si esibì con grande prestigio nei più grandi teatri del mondo. Studiò a Palermo e a Milano e debuttò a Trapani nel Rigoletto. Fu ingaggiato dal Teatro Reale dell'Opera, a Roma, dove cantò il Rigoletto, la Boheme e Don Pasquale. Venezia (La Fenice), Palermo e Bari si aggiunsero ben presto all'elenco dei teatri che lo osannarono ed acclamarono; in seguito passò alla Scala dove si esibì nei Pescatori di Perle di Bizet.

Il tenore Costanzo incise numerosi dischi per la Casa Cetra e dappertutto gli furono riconosciute doti di alta classe, tanto da essere considerato uno dei più grandi cultori dell'arte lirica.

Volle trascorrere gli ultimi anni della sua vita nel suo paesello, Galati Mamertino, dove visse da bambino e da dove emigrò in America in cerca della buona fortuna.

Persona garbata e socievole, non ostentò mai i suoi grandi meriti, anzi la modestia, forse a volte eccessiva, fu tra le più belle qualità che lo distensero per tutta la vita.

  • Nino Ferrarù

Visse a Galati Mamertino molta parte della sua infanzia e compì i primi studi presso i Padri Rogazionisti di Messina, da dove fece ritorno nel fiorire della sua adolescenza.

L'impatto con la nuova realtà fu, per lui, irto di difficoltà e di traversie, conobbe la grinta della vita che però gli fu utile per temprarne il carattere.

Conseguì il Diploma di insegnante elementare e prestò servizio anche in scuolette di montagna qua e là sperdute.

Quindi fissò la sua dimora a Messina, ma non dimenticò mai il suo paesello natio che spesso celebrò nelle varie liriche e venne abitualmente attratto com'era dal paesaggio nebroideo, ora dall'aspetto rude e roccioso, ora accogliente per le genuine fonti e le belle pinete.

Finchè visse,a Galati Mamertino non trovò molta comprensione, ma è normale perché succede ai personaggi di un consistente spessore.Fu un fervoroso credente, ebbe l'ansia dell'Assoluto e dell'Infinito, il culto della famiglia e particolarmente della mamma e il rispetto dell'amicizia.

Sotto il profilo letterario, contestò tutti gli "ismi" di correnti innovative: il futurismo, il crepuscolarismo, decadentismo, ritenendo che tali correnti, pur non mancando di estrosità da suscitare talvolta lo stupore, sono viziate da indeterminatezza e non riescono ad esprimere convenientemente i genuini stati d'animo che costituiscono la scaturigine dell'arte poetica . . Eppure, non sappiamo se casualmente o volutamente, in un "ismo" incappò pure Lui come fondatore dell'ascendentismo: una maniera, però tutta nuova di concepire la poesia senza rinnegare la tradizione.

Per diffondere e rendere accessibili le sue idee e i suoi intendimenti, negli anni "50" fondò un periodico letterario dal titolo "Selezione poetica", che ebbe oltre un decennio di vita e buona accoglienza tra i lettori.

Riscosse giudizi favorevoli e talora anche lusinghieri da autorevoli critici. Benedetto Croce, quando Nino era ancora diciottenne, si espresse in questi termini: "Di questo giovane ammiro ed apprezzo anche quel che non condivido".

Nello Lombardo, premio della Real Accademia d'Italia scrive: "I libri del Ferraù hanno l'ansia dell'Infinito e il respiro dell'Eterno, non sono soltanto per il dilettante del marciapiede, ma per chi ha amato e sofferto, per i profondi indagatori dello spirito che battono la fronte sui problemi della vita terrestre e trascendentale".. , e infine Pia Derman esprime un giudizio di colorito romantico: "Ferraù è un poeta che bagna la penna nel cuore dopo averla aguzzata nel cervello. L'arte di Nino è l'Infinito in una lacrima".

I florilegi dati alla stampa per interessamento del fratello Giuseppe sono: Orme di viandante ( 1985), Immagine azzurra ( 1987), Grumi di terra ( 1988), . . . E sentirsi così ( 1990) Album ( 1993). L'Amministrazione Comunale di Galati Mamertino lo ha voluto ricordare intitolando al suo nome l'edificio scolastico delle scuole elementari.

  • Emanuele Giardinieri

Fin da piccolo, mostrò un particolare interesse per il disegno e successivamente affinò il suo talento appassionandosi alla pittura.

Ancora bambino, rimase orfano del padre morto in un incidente di lavoro e dovette superare molte difficoltà in quanto mancava alla famiglia l'unico mezzo di sostenimento. In tante difficoltà incontrò sempre se stesso.

Come spesso succede a tanti artisti, i suoi dipinti, anche se apprezzati per pregevole fattura, non trovarono subito la giusta collocazione e non mancarono le prime delusioni, ma lo sostenne il coraggio di continuare e a Galati Mamertino, suo paese natale, rimase per tutta la giovinezza. Infine, si decise di emigrare in Argentina dove non tardano i primi riconoscimenti e l'apprezzamento del pubblico e della critica.

La pittura del Giardinieri si inserisce nel genere cosiddetto metafisico perché non esprime immagini aderenti alla realtà, ma lancia messaggi che il buon intenditore può raccogliere. I colori sono tenui, talvolta sfumati e si intrecciano armoniosamente conferendo piacevoli sensazioni.

Si può dire ch'egli perfezionò questo settore espressionistico, così da meritare l'appellativo di Maestro. Tornato in Italia, organizzò una mostra a Milano e a Roma e ottenne molti consensi. Ricavò consistenti guadagni, ma, quando credette di aver raggiunto l'affermazione artistica e la serenità dell'anima, fu colto da un terribile male e spirò tra le affettuose braccia della moglie.

  • Don Gaetano Drago

Appartenne all'Ordine degli O. M. I. ( Oblati Maria Immacolata) e fu un attento studioso delle lettere classiche, tanto da parlare il latino con molta disinvoltura. Ma dedicò tutta la sua vita alle Missioni Cattoliche negli ambienti più sperduti della terra, e i meriti gli furono riconosciuti fino a conseguire la carica di Direttore Generale del suo Ordine.

Per i compiti istituzionali dell'attività missionaria, fu in Canadà e nell'Artide, dove svolse una comunanza di vita con gli Eschimesi e diede a tanti di loro l'annuncio della buona Novella. Lasciò le sue memorie senza vane millanterie e con uno stile stringato e garbato quale si confaceva a un grande letterato quale lui era. Pur senza pretese, mostrò anche una certa inclinazione al disegno, rivelando in questo campo una sensibilità artistica. Fece spesso la sua comparsa a Galati Mamertino, suo paese natio, e fu presente alla inaugurazione del monumento all'Abate Crimi, a cui per parentela era strettamente legato. Scrisse molto, ma qui ricordiamo le opere più significative:

Gaetano Drago, l'arte eschimese, ed. O. M. I.

Roma, 1954

Gaetano Drago, il mio viaggio nell'Antartide

Roma, Ed. O. M. I. , 1955

Gaetano Drago, gli indii Pellirosse del Canadà

Roma, Ed. O. M. I. 1953

Gaetano Drago, un Eroe del Laos,

Roma, Ed. O. M. I. ,1951

Gaetano Drago, Galati Mamertino e la Calacte Del Ducezio,

Roma, Tip. "Artistica", 1959

  • Don Carmelo Drago

Un omonimo del precedente Drago: solo il cognome, poiché non c'erano rapporti di parentela. Quando, nel dopo guerra della prima mondiale il Padre Annibale Maria di Francia fece una ricognizione nella provincia di Messina in cerca di vocazioni, giunse a Galati e trovò l'accoglienza di una famiglia umilissima ma dotata di profondi sentimenti religiosi.

S'intrattenne alcuni giorni ed ebbe modo di partecipare le sue intenzioni e raccogliere eventuali adesioni. E queste non si fecero attendere: dalla famiglia Drago trovarono la fede del monastero, Calogero, che rimase nell'ordine monastico per alcuni anni, prese il nome di fra Pasquale e dopo alcuni anni si dimise e passò a matrimonio, Mariano, che sposò la causa religiosa per tutta la vita e morì in odore di santità e infine un altro Calogero, di cui stiamo trattando, che prese i voti sacerdotali col nome di Carmelo, e fu Padre Carmelo Drago, di cui stiamo facendo discorso.

Appartenne, dunque, all'Ordine dei Padri Rogazionisti degli antoniani e svolse la sua attività prima a Messina come sacerdote e poi direttore dell'Istituto dei P. P. Rogazionisti nella stessa città. Lì accolse tanti orfanelli e fu per tutti padre devoto e affettuoso, specie durante il periodo della seconda guerra mondiale, quando scarseggiavano i viveri e lui si doveva adoperare per sfamare i suoi orfanelli. Passò poi a Roma e fu Direttore Generale dei Padri Rogazionisti.

Tanti giovani galatesi furono educati ed istruiti nell'Istituto antoniano di Messina, e anche se non scoprirono in sé la vocazione al sacerdozio, rimasero, sempre attaccati al bene ricevuto e al carisma del loro Direttore.

  • Antonio Cingalio

Della vita di Cingaglio non si hanno molte notizie. Visse tra il 1515 e il 1592. Filippo Paruta, una delle grandi glorie letterarie del tempo, nella sua lettera introduttiva all'Epitalamio del Cingalio, pubblicato nel 1584, chiama "cigno" il poeta a doppio titolo per il suo canto e per la sua vecchiaia. Allora ( e forse come sempre) non si poteva sfondare senza protettori, e lui fu protetto dal Principe Francesco Moncada, a cui non sopravvisse, essendo il Principe morto nel 1582. Che fosse nato a Galati lo dice il Mongitore nel Dizionario degli illustri siciliani e dice del Cingalio che fu poeta egregio in latino e in italiano e molto lodato da Antonio Veneziano e da Filippo Paruta.

Erano tempi del tardo Umanesimo e il Moncada, Principe di Paternò e nato a Caltanissetta, era un Mecenate che incoraggiava i cultori della poesia e delle belle arti. E il Principe, colpito da morte immatura, intenerì profondamente il Cingaglio che non resse al dispiacere e seguì il suo protettore nella tomba.

Il Cingalio fu dunque poeta e umanista del secondo Rinascimento, virgiliano appassionato sia nella forma che nell'anima per il suo carattere mite e religioso, per il gusto della natura, sia per il culto verso il suo Mecenate.

Rimangono di lui i seguenti scritti latini, in ordine di tempo:

1)- Epitalamium in Nuptias D. Francisci Moncadae

2)- De morte Christi libri duo

3)- Mimianus seu descriptio et laudes

4)- Panormi lacrimae in obitum

5)- Niobe seu Anticleopatra.

Tutta la poetica del Cingalio si svolge in un'atmosfera di stampo pagano, dove non mancano riferimenti a Catullo e a Virgilio e la lirica si svolge in perfetta armonia e senza forzature.

Nel secolo scorso Galati Mamertino aveva intitolato al vate galatese la via principale del paese, denominata Corso Cingalio, in questi ultimi decenni ribattezzata col nome di Via Roma.

  • L'abate e patriota Giovanni Crimi

Nato a Galati Mamertino il 16 Dicembre 1794, consacrò tutta la sua vita alla fede e alla causa dell'indipendenza italiana.

Quando, nel 1820, serpeggiarono i primi moti insurrezionali in Sicilia, egli, che aveva dato il suo nome a una delle 35 "vendite" (così si chiamavano le varie sezioni dei Carbonari in Sicilia), fu presente accanto al generale Rossaroll al sostegno di quella cadente Costituzione.

I moti furono soffocati nel sangue: Il Crimi fu ferito nel 1823, si fece in seguito il processo della Carboneria ed egli, insieme ad altri compagni, fu condannato a morte, pena che successivamente gli venne trasmutata in ergastolo.

Rimase per 24 anni nel carcere duro di Santo Stefano dove subì le più terribili angherie e le umiliazioni degli sgherri. Fu scarcerato nel 1845 e gli fu concesso di tornare nel suo paese, dove trovò con amarissima sorpresa che i suoi beni erano stati depredati e venduti e per due anni dovette "mendicare un pane dalla pietà dei fedeli".

Il I° Settembre di due anni dopo, partecipò ai moti di Messina e Reggio. Catturato e ancora condannato a morte, gli fu sospesa la condanna in occasione del Genetliaco del Re Ferdinando.

Partecipò a una seconda sommossa a Messina e infine, invecchiato dalle lotte sostenute, provato dal carcere duro e dal crollo del sogno per tutta la vita, tornò sui monti di Galati per chiudere nel 1854 la sua tormentata esistenza.


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